Semel in anno licet insanire

Cosa spinge studenti di tutti gli indirizzi del Garbin e docenti di materie professionali, pratiche e teoriche a lavorare sinergicamente durante le settimane più cruciali dell’anno scolastico, reinventandosi, mettendo in gioco capacità che tra i banchi di scuola e in cattedra rimangono sovente inespresse e vestendo, letteralmente e metaforicamente, altri panni? 

Certo vi è una profonda, radicata  e, speriamo, imperitura tradizione che porta tutti gli anni nuove generazioni di studenti e studentesse di Moda a calcare, tra l’emozione e la trepidazione, il palco del prestigioso Teatro comunale di Thiene, mostrando i propri capi, prima solo sognati, e poi progettati e cuciti con cura e fatica per essere indossati con orgoglio e soddisfazione. Vi è l’atavica abnegazione di docenti di laboratorio, di tecnologie e di disegno, che si dedicano ai loro ragazzi in maniera esclusiva e totale, concependo fin dai primi giorni di scuola quelle idee, che, inizialmente soltanto abbozzate, trovano a fine maggio la loro concretizzazione, sfavillando sotto lo spotlight, mentre creano spettacolari e sempre più complesse coreografie che si lasciano trasportare dalla musica e che trasportano, per il tempo delle uscite, in dimensioni lontane dalla realtà. Vi è poi quella lucida e inspiegabile follia tipica del garbiniano DOC, che, tra scadenze burocratiche, documentazioni da espletare, ultimi compiti in classe da recuperare e voti da “tirare su”, lo porta volontariamente a farsi coinvolgere in un progetto tanto ambizioso, che tutti gli anni sembra sistematicamente sul punto di naufragare o di non vedere la luce, ma che poi altrettanto regolarmente dimostra la sua potenza esplosiva. E questo accade in virtù del fatto che la sfilata di moda rappresenta, tra le varie cose, un’occasione per allentare le distanze tra docenti e alunni, per lasciare intravedere, su di un palcoscenico, scorci di visi resi manifesti da maschere cadute, per assaporare, nel rispetto di ruoli e dell’istituzione, libertà, risate che scaricano le tensioni dell’aula scolastica, battute da crampi allo stomaco, nervosismi sani e genuini, urla liberatorie, che ci fanno uscire da noi stessi e dal ruolo che siamo troppo spesso chiamati ad interpretare, secondo l’ottica del proverbiale “semel in anno licet insanire”! 

La risposta alla domanda iniziale, lungi dall'essere semplice o univoca, stimola molte altre riflessioni, soprattutto alla luce di un anno scolastico come quello appena trascorso, così anomalo e atipico, ma privo di quella follia sana e liberatoria. A noi tutti sono stati richiesti, nell’immediato, una capacità di adattamento al cambiamento, elasticità e uno spirito di sacrificio che forse neppure sapevamo di possedere. E credo che rintanarsi nella tradizione calda e accogliente, seppure rivisitata e rivista al tempo del Covid, per tutti quanti abbia significato respirare a pieni polmoni un’aria inebriante, a cui forse ci stavamo quasi disabituando; abbia significato provare nuovamente sensazioni forti, quasi destabilizzanti, e movimenti d’anima inaspettati, provocati dall’odore rosso dell’attesa delle quinte, mai aperte quest’anno; abbia significato sentirsi al sicuro e protetti e coinvolti e uniti e vicini; abbia significato soddisfare un’urgenza imperativa, quella del confronto, positivo o negativo, ma pur sempre del confronto; abbia significato nutrire la nostra parte più coraggiosa: quella che ci fa comprendere che è giunta l’ora di passare il testimone e che il passaggio è bene che avvenga con garbo, eleganza e delicatezza; quella che ci fa capire che il passato non è un fardello ingombrante, ma una parte necessaria e fondamentale per costruire l’avvenire; quella che ci fa intendere che chiedere aiuto con umiltà e ringraziare gli altri non è da deboli; quella che ci fa combattere con la paura di esporci, di togliere la maschera, di sfilare con abiti diversi, abiti, che, però, abbiamo confezionato noi, e che, quindi, pur mascherandoci o alterando le nostre forme, regalano e lasciano intravedere una parte di noi.

Prof.ssa Valentina Salomoni Rigon